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      La mia attenzione è distratta da due nuovi personaggi che sbucano dalla via Sant'Alessandro e vengono alla mia volta rasente gli edifici. Si fermano a un negozio chiuso. Non riesco subito a capire che cosa stiano facendo, perché si piegano, si alzano come se stessero facendo sforzi erculei. Ho udito un'altra scarica e l'aria calda che si è levata dal suolo mi è passata sul volto e mi ha ghiacciato il sangue. I due che lavoravano alla bottega chiusa non si sono neppur mossi. Tutta la loro precauzione è stata di premersi all'insenatura della bottega per evitare la sfuriata delle palle. È stata una scarica di fucili? Noi siamo tutti sovreccitati. Noi distinguiamo la cannonata dalle fucilate collettive. Siamo qui in parecchi, lividi dalla paura. Di tanto in tanto ci voltiamo indietro per non essere sorpresi alle spalle dai soldati che venissero dalla via del Falcone. La barricata migliora ma non ha nulla ancora della costruzione di difesa. I due alla bottega staccano uno dei coperchi di legno alle alte vetrine di fianco con un crac! crac! Le loro mani sono di ferro. Se le ante non cedono, schiantano. Giungono una signora e una bambina spaventate. Vorrebbero passare dall'altra parte per rincasare. Io le spavento. Faccio loro una questione di vita o di morte. La madre è ansiosa di arrivare a casa per aver notizie del marito che non sa dove sia. Ma io le dico se preferisce rivederlo più tardi o arrischiare di rimanere nella strada, magari morta con la figlia. Ritorna indietro, verso Porta Romana.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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