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      Per un minuto buono rimane smemorato. Non si ricorda di nulla. E a poco a poco gli ritorna la memoria e con la memoria gli si colorisce l'avvenimento.
      Doveva andare in Verziere. Ha fatto di tutto per passare dalla via Orefici, o dal passaggio degli Orefici senza riuscirvi. Rifece la strada, prese la piazza della Rosa, svoltò in via delle Asole e subito dopo fu in via Torino. I soldati non avevano ancor fatto fuoco e la gente si avvicinava ai monturati senza pensare alla catastrofe umana. Lui, poi, un richiamato che doveva presentarsi all'indomani al Castello, aveva meno paura degli altri. Fu un'imprudenza. Giunto dinanzi alle due schiere che bloccavano il passaggio, s'avvicinò a un sottufficiale per domandargli se avesse potuto usargli la cortesia di lasciarlo andare oltre. In quei giorni i soldati che chiudevano la via all'altezza del negozio del signor Rituali, erano tutti accigliati e nessuno rispondeva. Allora, mi dice il testimonio oculare, quello tratto dal mucchio dei cadaveri, mi trovai coi curiosi che bighellonavano dinanzi i soldati chiacchierando e sperando di poter andare al di là della linea. Alla mia destra c'erano persone che facevano commenti sullo sfoggio esagerato di soldati, senza però inveire o dire parole sconvenienti contro chicchessia, e alla mia sinistra si formava e si sfaceva un gruppo di ragazzi, i quali, in tono scherzoso e bonario, volevano indurre il capitano a permettere loro di raggiungere i compagni sulla scala Porta, da dove si poteva assistere allo spettacolo senza pericolo.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
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