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      Mi giungeva l'eco di edifici in demolizione. Il combattimento che mi disseppelliva il materiale storico che mi si era adagiato nella testa leggendo i tumulti popolari di parecchie nazioni, mi attirava. Io pensavo al modo di trovarmi vicino o di vederlo da qualche altura ed entrai al numero uno, dove avevo veduto comparire alla spicciolata parecchi giovani. È una porta lunga e stretta, divisa da un cancello di ferro che si può sfasciare con una spallata. A sinistra, dietro il cancello, è l'entrata laterale dell'osteria. Il cortile è angusto, sente di chiuso, ha una pompa vicino alla latrina e due latrine a fianco dell'edificio che paiono sospese alle muraglie.
      La portinaia è al primo piano, vicino alla prima scala. È una donna piuttosto alta, con la faccia allungata. Era sull'uscio tutta spaventata. Non aveva mai visto salire e discendere tante persone. Tremava a ogni interrogazione. Le domandai se sapeva che cosa andava di sopra a fare la gente che avevo visto scomparire nel budello buio di sotto, ma la povera donna rispondeva che non ne sapeva nulla. Era una giornata di tribolazione che il Signore le aveva mandato per punirla di qualche peccato. La curiosità di vedere o il desiderio di trovarmi un osservatorio, mi fece infilare la seconda scala. Dopo pochi gradini mi fermai terrorizzato. Intuii il dramma che si svolgeva o che si era svolto all'ultimo piano. La ringhiera del ballatoio dell'ultimo piano comunicava con una vasta terrazza, sulla quale i vicini salgono a distendere al sole la biancheria che lavano dabbasso nel lavello della pompa.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302