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      La moltitudine discendeva, e la mia visione si insanguinava e diventava spaventosa e il mio pensiero si attorcigliava come sotto l'azione di un dolore intenso.
      Quando mi furono vicini ero come assiderato dallo strazio. Guardavo istupidito e lasciavo passare il gruppo che sorreggeva il giovine che incadaveriva ad ogni gradino, che moriva con la faccia bianca. come la farina, con gli occhi smorti che si travolgevano, con le guance che assumevano la durezza del marmo, con le labbra che si scoloravano e diventavano violacee, e si aprivano per lasciar passare l'alito della vita.
      Il su! su! dei compagni, che non volevano che morisse sulle loro braccia, che avevano bisogno di portarlo altrove, perché nessuno voleva sul piano un uomo che potesse diventare la sventura di tutti, mi scosse, mi ridette i sensi.
      Molti di loro che aveva intorno avevano la camicia fatta a ventriera piena di sassi. Erano saliti e discesi coi proiettili della strada che non avevano potuto consumare. I soldati di Bava Beccaris erano andati sui tetti delle case dall'altra parte della via e a colpi di balistite li avevano fatti scappare, prima di dar loro tempo di accendersi con un lanciamento senza tregua e resistere fino alla morte.
      Io mi misi alle loro calcagna e discesi con loro e dietro loro subivo tutta la loro disperazione di non essere già lontano un miglio. Il terrore di incontrarsi faccia a faccia con delegati o questurini in borghese, o soldati alla ricerca di rivoltosi, rianimava le loro gambe stracche, e le voci incitavano il ferito al ventre a stare in piedi, a camminare, a correre, a nascondersi.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Bava Beccaris