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      Verso l'imbrunire le notizie erano sempre allo stato confusionario, ma i cittadini prudenti rincasavano in fretta e in furia, sbalorditi e disperati. Nessuno o pochi sapevano quello che era avvenuto dalle due a sera, ma tutti sentivano che c'era stato qualche cosa di grave, di sanguinoso, di furioso, che bisognava salvarsi o caricare il fucile per difendersi. Io ero violento contro me stesso. Avevo veduto, avevo negli occhi i morti e i feriti, negli orecchi gli spari e i rantoli ed ero per la strada pallido di collera a fare nodi alla cordicella che avevo tra le dita per contenermi. Tutti i nostri uomini pubblici, tutti i nostri grandi, tutti i nostri deputati, tutti i nostri consiglieri, tutti i nostri giornalisti, tutti i nostri personaggi, sono rimasti assenti, non si sono fatti vivi, hanno ignorato che nella via i soldati ammazzavano il popolo disarmato, il popolo che non sapeva nulla. Quanta viltà! I nostri uomini politici non sono eroi che ai banchetti. Lamartine nel '48 e Victor Hugo nel '51 non hanno insegnato loro niente. L'uno e l'altro, illustri, hanno osato passare tra selve di baionette, quando le baionette facevano strage; l'uno e l'altro sono rimasti imperturbabili sotto la grandine di piombo; l'uno e l'altro hanno saputo apostrofare la truppa che non fraternizzava col popolo. I deputati del '51 hanno fatto le barricate. Baudin vi è rimasto. I nostri non hanno neanche l'età senile che li scusi davanti la storia. In quel momento che io pensavo alle crudeltà militari e buttavo in terra tutti gli idoli della vita pubblica milanese, facevo mentalmente un manifesto da affiggersi per ricomporre il coraggio cittadino se ve ne fosse rimasto.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Victor Hugo