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      Questo solo pensiero dava loro i brividi. A ogni modo mi dissero: Voi, Cerina, che li conoscete tutti, resterete al convento. E, dicendomelo, mi affidavano le chiavi del cancello d'entrata, coll'ingiunzione di non far entrare che forestieri e pitocchi. I forestieri sono i frati che passano da Milano e sostano al convento una notte o due prima di riprendere il viaggio.
      Vi ho detto dei tre morti nel cortile. La confusione di quel momento non era poco e posso avere straveduto. Ma, se i miei occhi non mi hanno tradito, potete dire che le prime duecento o trecento fucilate hanno fatto, nell'interno tre vittime. Il terzo mendicante venne raggiunto non so dove da una palla, mentre finiva di vuotare la ciotola sotto il piccolo portico della chiesuola. Egli mangiava seduto sulle calcagna. Rovesciato, supino, si agitava, come se avesse avuto le convulsioni. Può darsi che non fosse che ferito. Era vecchio, bassotto, sciancato. Alloggiava presso qualcuno in via Stella. Non l'ho più veduto in nessuna parte.
      I pitocchi, presi dal panico, si erano pigiati nell'andito e calcati uno sull'altro lungo l'entrata del convento. Tutti assieme facevano compassione. I proiettili cadevano da ogni parte e noi non avevamo per coprirci che le nostre mani e per proteggerci che le nostre preghiere. Le donne coi bimbi piangevano e nascondevano la testa delle loro creature con le braccia. Gli uomini cercavano di ficcare la faccia tra le spalle degli altri.
      Con lo spavento, la lotta per la conservazione della propria esistenza era diventata generale ed accanita.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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