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      I traballamenti delle ruote andavano sul cuore della moltitudine come fitte che si sprofondavano nelle ferite palpitanti e sollevavano in tutti il vespaio delle supposizioni. A ogni sussulto si correva involontariamente col pensiero nelle cellette del veicolo che accarezzavano l'arrestato come la guaina accarezza la lama, a palpeggiare gli incassati come se si avesse avuto paura che si fossero rotta la testa o stessero in lotta coll'ultimo alito di vita. Chi saranno? E l'interrogazione faceva rabbrividire. Forse saranno dei ladruncoli o dei rivoluzionari o degli innocenti usciti dalle braccia della famiglia, rimasta in casa a piangere la loro sciagura! E i veicoli della tortura scomparivano e lasciavano le donne pił avvilite di prima.
      Questa campana! Si aspettava la campana del soccorso, la campana che doveva far dimenticare ai cellularizzati la smisurata intelligenza malvagia degli uomini, degli uomini che hanno per idealitą il male, la campana che consolava lo stomaco di chi mangia poco e male. Fate presto, in nome del Signore. Spalancate il cancello, prendetevi la corba delle vivande divenute fredde lungo la strada, divenute immangiabili aspettando qui sul selciato due ore, tutto un secolo. Siate buoni, siate caritatevoli con le povere donne trambasciate!
      Il convoglio degli arrestati che veniva verso il Cellulare a piedi suscitava in ogni seno un orrore indicibile. Non poche donne erano state obbligate a chiudere gli occhi come quando si riceve un'ondata di luce in pieno viso.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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