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      Era una banda che falciava gli ideali di redenzione pił modesti. Sfilavano appaiati ai polsi come individui usciti da un porcaio o da un sotterraneo, con le ragnatele sulle spalle, con l'umidore nella gonfiezza sotto gli occhi, con i capelli irrigiditi in una zuffa spaventosa. Erano laidi, stracciati, dilaniati dai patimenti. Circondati da questurini, da carabinieri e dai soldati, il loro volto assumeva il colore acceso degli aggressori di strada che stramazzano i viandanti a coltellate. Alcuni, con gli abiti che non avevano perduta tutta l'eleganza e con la faccia cadaverica fino alla fronte, davano l'idea degli insorti colti sulle barricate colle mani odoranti la polvere.
      Altri, a piedi nudi, coi gomiti all'aria come le ginocchia, traducevano la loro vita grama di poveracci che basivano sul marciapiede e stendevano la mano ai passanti,
      Le donne si lasciavano commuovere. Alcune singhiozzavano e dicevano che era meglio morire che vedersi trattati come birbaccioni che avevano fatto del male. Altre si mordevano le labbra e si scricchiolavano le dita per reprimere la sensazione che dava loro stille di sudore e faceva loro pulsare le tempie dal disgusto e dalla furia.
      Non mancavano pił che cinque minuti. La calca piegava verso l'entrata.
      La prima fila, spinta dai nuovi venuti che si cercavano un posto al centro tra le proteste generali, andava pił di una volta sul cordone militare che non si rompeva.
      La ragazzaglia aveva dimenticato la tensione dell'angoscia generale e si era abbandonata al chiasso, e le donne, le pił attempate, che si straccavano a stare in piedi, mormoravano con la voce piagnolosa.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302