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      - Signori carabinieri, facciano il piacere di fermarci l'usciuolo!
      I signori carabinieri non potevano essere umani con noi, perché avevano ricevuto ordini imperiosi di essere severi e perché temevano, a ogni stazione, di trovarsi alla presenza di qualche ufficiale incaricato di "dare un'occhiata ai polli nella stia".
      Ma per l'usciuolo facevano proprio di tutto per inchiodarlo alla parete e spesso sacramentavano contro la compagnia ferroviaria che si era dimenticata di configgervi la molla o l'uncino per tenerlo aperto. Di tanto in tanto veniva qualcuno di loro a sbattercelo indietro con un sostantivo energico. Ma il più delle volte dovevamo respingerlo noi con la punta delle dita.
      Alla stazione di Pavia, una voce umana riuscì a intenerirci fino alle lagrime.
      - Signor Romussi, signor Chiesi, posso fare qualche cosa per loro e per i loro compagni?
      La persona che parlava era invisibile. Si sentiva solamente che la sua voce era commossa.
      A così poca distanza, eravamo già tutti stracchi morti per la posizione incomoda in cui ci teneva la celletta, per i ferri che ci avevano intormentite le braccia e per l'arsura che ci faceva dire a ogni minuto:
      - Signori carabinieri, un po' d'acqua!
      La voce dello sconosciuto ci era andata al cuore come una consolazione. C'era dunque qualcuno che pensava ai poveri diavoli che soffrivano. Romussi, interpretando il pensiero di tutti, con una voce che avrebbe impietosito i sassi, disse:
      - Se ci potesse dare una gasosa!
      Lo sconosciuto ci rispose con dei singulti.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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