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      Il socialismo in bocca di costoro non può impensierire alcuno. Dovrebbe impensierire i suoi nemici quando si ritrae dal palcoscenico dei teatri diurni per entrare nel laboratorio "a notomizzare col bisturi della scienza il carcame sociale steso sul tavolaccio della statistica e della disciplina positiva". Allora sì. Allora gli statisti dovrebbero proprio incominciare a sentire delle apprensioni. "Perché quei miti pensatori, nutriti di cifre e di sillogismi, onesti, riservati, impeccabili sovente nella vita privata, magari un po' puritani e un po' quacqueri se se ne gratta la scorza, quei sacerdoti dell'altruismo, quei mangiatori d'hascisch dell'ideale, hanno più dinamite nella loro parola e nella scatola ch'è sotto il loro cappello, che non ne sia nelle tasche dei feniani e nelle cantine di Pietroburgo: con quest'aggravante che, di cotesta nitroglicerina spirituale, non c'è doganiere o segugio di polizia dal fiuto fine che ne possa sentire l'odore e mettervi sopra la zampa. Quando il moderno Anteo - come il Colaianni definisce il socialismo - che ad ogni caduta risorge più vigoroso, agguerritosi negli studi e nel raccoglimento, uscirà in piazza con idee mature e propositi determinati, è allora che sarà davvero formidabile, quanto prima era innocuo"(3).
     
      Nell'ambiente parlamentare egli era una forza legislativa - una voce gagliarda che domanda giustizia per gli affamati di pane, di libertà e di pensiero - un ragionatore che sa disorientare i legislatori borghesi, i quali non vogliono convincersi che la società degli sfruttatori s'avvia verso il periodo della sua naturale decomposizione.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Pietroburgo Anteo Colaianni