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      Gaspare Giucchetto, minorenne, Giovanni Vedani, di 32 anni, e Angelo Vanoni di Luino, come il Vedani, e padre di tanti figli.
      Il primo aveva ricevuto una palla al petto con lesione, pare, al polmone; il secondo era stato colpito allo stinco, e il terzo aveva lo stomaco perforato nel corpo. Io li ho veduti in infermeria, subito dopo il loro arrivo. Erano giunti a Finalborgo in una condizione da commuovere le pietre. Straziati dai dolori, con le ferite ancora aperte e col Vedani che non poteva e non può, credo, neppure oggi, stare in piedi, perché la ferita continua a produrre materia purulenta.
      In una infermeria, dove non ci sono che alcuni letti, una cassetta di polverine, un vasetto di tintura di iodio e della liquerizia per i catarri stomacali e le tossi che non lasciano dormire, anche un infermiere come il 193 non può fare molto. Ma li curava da cristiano, lavando, fasciando loro le ferite, aiutandoli a mangiare, curvandosi a ogni minuto per spostare la gamba al Vedani, la testa al Giucchetto e le spalle a Vanoni, il quale Vanoni era diventato tetro, perseguitato dal pensiero che il suo polmone fosse stato toccato dal proiettile. Mi diceva che "si sentiva il polmone in sussulto".
      Il Gaspare Giucchetto portava il numero di matricola 2749; il Giovanni Vedani il 2731, e l'Angelo Vanoni il 2747.
      Don Davide Albertario non è stato in infermeria che quattro o cinque giorni a trangugiare due o tre drastici per liberarsi da una tenia che noi chiamavamo, per ridere, un "serpente boa".
      Il direttore dell'Osservatore Cattolico ritornò nella quinta camerata pieno di entusiasmo per il 193 che lo aveva curato come una madre.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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