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      Tuttavia, quando andava Majno a trovare qualcuno di loro, rinasceva la discussione con un po' di fede.
      - Me l'ha detto lui adesso! Egli si crede, legalmente, in una botte di ferro.
      - Volete che Majno non sappia quello che dice?
      De Andreis faceva il suo solito risolino e voltava le pagine del libro che aveva fra le mani. Per lui, erano chiacchiere inutili. E si metteva a sviluppare il suo programma di condannato a dodici anni con una indifferenza che faceva scappare la pazienza a Turati, il quale non voleva assolutamente diventare un eroe della casa di pena.
      Dodici anni sono lunghi, eterni, sono la vita di un uomo! È un errore, aggiungeva il Turati, credere che si possa lavorare serenamente in queste condizioni, quando si manca di tutto, quando si deve vivere in un buco ove si soffoca d'estate e si gela d'inverno, con venticinque centesimi al giorno!
      Romussi metteva sul tappeto la questione del viaggio. Egli, che si ricordava del vagone cellulare che lo aveva condotto a Finalborgo con degli scotimenti di testa, vedeva avvicinarsi il giorno della partenza con orrore.
      Gli rincresceva di lasciarsi chiudere in quella specie di cassa da morto. Ma non avrebbe ceduto. No, non avrebbe ceduto! Se il Governo voleva disonorarsi, tanto peggio per lui. E andava sotto la finestra a dare delle puntate di scarpa nel muro.
      - No, no, e poi no! non mi lascerò commuovere dalle lagrime di mia moglie e di mia figlia. Non voglio andare nel vagone a mie spese per salvare Pelloux dall'infamia di trattare i giornalisti come delinquenti comuni!


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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