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      Dopo quest'uomo triviale che ci ha trascinati nei bassifondi della malavita, è una consolazione ritornare alla superficie dove sono esseri di una morale un po' più sostenuta.
      Il 598 era il modello di tutti quanti ho conosciuti. Egli gode la fiducia del direttore e non ne abusa. È fedele, è rispettoso, è astemio e lavora dalla mattina alla sera come un martire. Va da un corridoio all'altro senz'essere accompagnato dalla guardia. È il solo che esca tutti i giorni dallo stabilimento - accompagnato, si intende, dall'agente di custodia - a portare la corrispondenza alla direzione dei reclusori ed è il solo che vada fino a Finalmarina a prendere i medicinali.
      Un giorno, mentre il buon Pascotto stava spolverando la lampada della nostra camerata, gli domandai perché non scappava.
      - Voi non avete più che dodici anni da fare. Ma pensate che la vita è breve, accidempoli! Nei vostri panni io non esiterei un minuto. Mi servirei della casacca per insaccarvi la testa del mio guardiano e obbligarlo a sciupare del tempo a districarsela e poi direi: gambe mie aiutatemi! Continuerei a fuggire senza mai voltarmi indietro.
      Non smise neanche di strofinare la lampada. Per lui erano tutte sciocchezze. Lui non era uomo da lasciarsi scaldare la testa. Prima di tutto aveva la sua pena da espiare e non intendeva sottrarvisi se non gli si faceva la grazia. Aveva violata la legge e la legge doveva essere rispettata. Ai suoi tempi era stato un bulo e anche un grassatore di strada. Ma adesso aveva fatto giudizio ed era, per lui, un piacere mantenersi sulla via retta.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Finalmarina Pascotto