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      La fuga poi, per un povero cristo, era una ridicolaggine. Come si poteva scappare colla catena o cogli abiti del galeotto? - E quando siete al largo e cercato dappertutto dagli agenti di polizia, dove andate a nascondervi? La vita del fuggiasco è più grama di quella del recluso. Credetelo. E come troverete da mangiare in giro, senza amicizie e senza denari? Rubando. E io non farò mai più il ladro.
      Egli mi rispondeva da uomo emendato, e il mio pensiero incanagliva e trepidava, preparandosi una fuga clamorosa e spettacolosa. Lui mi parlava di ridicolaggine e di catena, e io sentivo il mare che si frangeva fracassosamente sulla spiaggia di Finalmarina. Lui si vedeva inseguito dai cagnotti sguinzagliati dalla giustizia che non dà tregua, e io mi gettavo sul mare supino e, a forza di gambe, raggiungevo la nave straniera che mi accoglieva a bordo a braccia aperte. Il 598 si vedeva impacciato, perseguitato e morto di fame. Io mi sentivo libero, sulla piattaforma inglese o americana, circondato da migliaia di persone che mi salutavano con dei battimani fragorosi e mi riempivano le tasche di dollari o di sterline udendomi raccontare le avventure della mia fuga e il periodo della fame de' miei amici della quinta camerata!
      Il 77 era il lavandaio. Era alto come un palo telegrafico, secco come il merluzzo e giallognolo come la pelle di un giapponese. Con il suo collo esile, sormontato da una testa poco voluminosa, con le sue braccia lunghe appese alle spalle come cose floscie giù rasente il corpo, con la sua faccia piena di rientrature, pareva uno scheletro ambulante.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Finalmarina