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      Egli era convinto che S. M. stava per firmare la sua grazia. Ma il giorno che mi vide partire senza novità per lui, ricadde nella disperazione.
      - "Non mi dimentichi!" mi disse. E dicendolo si asciugava gli occhi, volgendosi dall'altra parte. "Se posso ritornare a casa, le assicuro che non mi vedranno più in questi luoghi. L'ho scontata troppo cara per dimenticare la vita del recluso. Poi ho la mamma e la sorella che mi vogliono un bene dell'anima. Lei ha letto l'ultima loro lettera e può dire se hanno del cuore".
      Di mattina, era addetto al medico. Registrava la medicina da mandarsi a prendere. Dopo, andava per le camerate a raccogliere le ordinazioni mangerecce, e nel pomeriggio, fino magari dopo la mezzanotte, rimaneva con un galeotto perpetuo a preparare gli specchietti del movimento amministrativo quotidiano. Il suo numero di matricola era il 2107.
      Prima dell'attore veniva da noi, col libro della spesa e il calamaio attaccato per un lembo di pelle al bottone della giacca, uno scrivanello che aveva ammazzato un carabiniere il quale lo aveva sorpreso a svaligiare una carbona (casa) fuori di porta Magenta. L'omicidio gli aveva dato modo di rimanere fuori dalle unghie della giustizia per parecchi mesi. Ma la gatta, anche dopo una paura maledetta, va al lardo fin che vi lascia lo zampino. E un bel giorno lo agguantarono con degli altri ladri o degli altri grassatori e lo mandarono in galera con una sentenza di vent'anni.
      Era recidivo, qualche colpo gli era andato bene e sapeva adattarsi all'ambiente in un modo meraviglioso.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Magenta