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      Nella camerata al dorso della nostra sembrano diventati tanti leticoni indiavolati. Di tanto in tanto qualcuno si sfoga gridando: aria! In uno stabilimento di tanta gente ci dovrebbe essere anche il passeggio coperto. Ma non ci si pensa. Perché il bestiame in galera può crepare senza inumidire l'occhio sociale.
      La visita del medico che abbiamo avuta ieri l'altro mi ha fatto un effetto strano. Mi parve un uomo incaricato di venire a vedere se avevamo ancora delle giornate da vivere. Sì, o signori aguzzini, siamo languidi più di ieri, ma non siamo ancora moribondi. Anche col vitto insufficiente possiamo vivere degli anni.
      La nota di ieri è stata un po' baldanzosa. Si indebolisce lentamente e lentamente mi pare che si perda la memoria. Stamane, parlando degli affamati americani al polo Nord, non ho saputo rammentarmi il nome del generale che venne trovato inconscio vicino al cadavere di un nero che gli era stato fedelissimo. E non me lo ricordo neppure adesso. Questo fatto mi mette addosso del freddo. Credo che a grado a grado ci avviamo verso l'abolizione della intelligenza. Usciremo delle pagine bianche. Non sapremo più neppure di essere stati in prigione!
      Siamo calati tutti di peso. Il pancione di don Davide è rientrato di molto. Forse sarà l'effetto della rasatura dei baffi, ma il naso di ciascuno di noi mi riproduce il naso dell'allampanato. Anche il Federici è dimagrito. Parla poco e fa dei pisolini ripetuti con pochi intervalli. A Chiesi si sono formate le scodellette sotto gli occhi.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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