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      E che gusto ad ammucchiarla, a scuoterla dagli alberi, a rotolarla, a farne dei paracarri, con dei buchi sgarbati che volevano essere occhi o dei solchi traversali che dovevano rappresentare la bocca. Le mani diventavano di fuoco, la faccia di brace, i piedi un forno. E mi entusiasmava correndo sotto ad abboccarne i fiocchi che mi accecavano. A sei anni di distanza, ahimè! tutta quella ovatta che faceva la delizia della mia fanciullezza, mi è diventata una implacabile nemica. Mi riempie di tetraggine, mi soffia pei vani della vita una malinconia gelata. Vedendola turbinare, ne provo anticipatamente gli orrori dell'aria che mi taglierà la pelle e mi ghiaccerà il fiato sulle labbra. Prevedo i candelotti che dalle tettoie segneranno i gradi sotto lo zero. E già maledico al remollo, al guazzo giallastro delle vie, ai goccioloni lipemaniaci delle grondaie che mi percoteranno le orecchie, che mi sdruccioleranno per la schiena, che mi passeranno nella carne. Presentisco la noia di un sole scialbo, freddo, che andrà a liquefarmela in saccoccia, nelle scarpe, sul naso, nella camicia. La neve d'allora mi ringalluzziva, mi procurava allegre fiammate accanto al babbo che pipava o nel grembiule della mamma che mi ninnolava o mi raccontava le bizzarrie di qualche fata. Quella d'oggi, invece, mi prepara un lungo castigo a fianco a una miseria ancora più lunga.
     
     
     *

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      Sono disceso a comperarmi mezza libbra di pane di mistura cotto da due giorni e me lo basoffio in fretta senza perderne bricciola.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237