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      Quasi tutti seduti in terra, silenziosi come monaci, divoravano la cena in mezzo alla nebbia, rotta dalla fosca luce di un lampadino campagnolesco sospeso alla funicella della parete.
      Ingoiata, satolli, si inginocchiavano a ringraziare Dio dei "benefici ricevuti nella giornata" e a suffragare le anime dei morti con dei requiem eternam che non finivano più. Mezz'ora dopo, di tutta quella gente, non si sentiva che un immenso greve respiro che saliva saliva gemendo.
     
     
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      Tra di loro i matrimonî avvengono spesso per simpatia, ma più spesso per ordine del capo il quale osserva rigidamente la regola degli antecessori. Vale a dire che i maggiori si devono congiungere coi maggior e i minori coi minori, colla sola differenza che quest'ultimi non possono unirsi se non dopo l'unione dei primi. Per economia di tempo e di danaro, gli accoppiamenti si fanno a tre e anche a cinque per volta. Del resto per loro, il matrimonio, non è un grande avvenimento. Abituati a vedersi fino dall'infanzia, colla certezza di aver poppato agli stessi capezzoli, perchè è comune tra quelle donne di scambiarsi il servigio, anche per necessità di mestiere, dove volete che trovino tanto entusiasmo? L'avvenimento è proprio tutto nelle funzioni generatrici.
      Per quanto io ne sapessi allora di cose carnali, ero certo che nelle famiglie povere, pei contatti del letto comune, avveniva quasi involontariamente l'incesto, cioè a dire il padre colle figlie e il figlio colla madre e colle sorelle.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Dio