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      - Lo so io? Entro in una bettola col fermo proposito di non berne che un bicchierino e non esco se non mi sento il fuoco nella gola e l'ebbrezza nei sensi.
      Negai colla testa.
      - Credi tu che sia una bella vita quella che faccio - dato anche che potessi farla senza togliere il necessario ai miei figli e magari senza rompermi le mani a sgrossare il granito?
      Bruciato dallo spirito, colle guancie e la fronte gualcite, collo stomaco macero, con una tosse a colpetti secchi secchi, andò all'ospedale a lasciarvi le ossa. Morì come un ebreo, come un cane. I figli non lo seppero che alla domenica, quando nel letto del padre trovarono un altro. Di che malattia era morto? Di gainite acuta? No. Di etisia. Morto etico come sua moglie. O dunque, mi domandai sconcertato sulla questione ereditaria, questione che in quell'epoca si agitava al pianterreno di un giornale commerciale al quale era abbonato il mio principale? Secondo l'espressione sdegnosa della nonna, il padre gli doveva aver iniettata l'arsura inestinguibile, mentre, a giudicare dai fatti compiuti, la moglie gli avrebbe inoculato quel mal sottile che non fa pace che colla verminaia. Ora a quale dei due si doveva ascrivere lo sconcerto cerebrale di Giovanni, all'uno e all'altra? Oppure avevano tuttedue colle stesse forze, collo stesso accanimento, partecipato all'omicidio? La questione è complessa e non tocca me a risolverla. Il perchè dei miei due interrogativi, lo capirete continuando la tragedia della famiglia Berretta. Morto il padre, muore la nonna, muore la sciancata.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Giovanni Berretta