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      Starnutai.
      - Dà lo zuccaro ai villani: starnutano!
      In fondo che fummo, il padrone m'illuminò tutta una montagna di sabbia dalla quale uscivano scaglionati i colli delle bottiglie sommerse.
      - Guardale come bottiglie di veleno.
      Depose sullo scalotto la lanterna e la luce si proiettò in una larga coda di paone, quasi a mostrarmi la biacca gialla delle pareti e il soffitto incrostato a squama increspata dal coltello.
      - Sta attento che non sono abituato a dire le cose due volte.
      Ci avvicinammo alla caldaia della lambiccatura e con un certo sforzo l'aiutai a scappellarla. Presi a volo un cencio.
      - Salta dentro e puliscila.
      Poscia mi additò il concone della pigiatura colmo di vinaccie.
      - Riempilo fin quasi all'orlo.
      Colla mia corba che caricavo e scaricavo, soffocai il recipiente a cannone in meno di mezz'ora. Mi diede in spalla la brenta e mi disse di ridiscenderla piena.
      Le spalliere di salice torte mi tagliavano gli omeri e le gambe mi si piegavano sotto al peso.
      - Bel soldato in fede mia! Un uomo che non sa portare cinquanta litri d'acqua.
      Scappucciai e me ne scappò sulla testa un'ondata.
      - Accidenti, sta su ritto. Se era spirito stavi fresco.
      La riversai sulle vinaccie cha si rialzarono fino al labbro.
      Riprendemmo il coppello, lo rimettemmo sulla caldaia e con dell'argilla molle lo suggellammo perfettamente. Poi, per intuizione, accesi lo zolfanello, misi sotto il fiasco al lambicco e mi stropicciai le mani colla ferma convinzione che avevo sudato abbastanza.
      - Bravo. Un po' per volta e vedrai.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237