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      Ti lascio qui solo. Ti piace la solitudine? Ma per carità sta attento che non esca la grappa dal fiasco. Guai a te se dai da bere alla terra. Tutte le volte che è pieno vuotalo in quel vaso. Lo vedi?
      - Sissignore.
      - Ti ho già detto di lasciar stare queste baggianerie. Io ho i calli sulle mani e sono uomo che lavora. Mesterasc danerasc! Capisci? Di' su non hai mai fatto "robbiole"? Vieni qua che ti insegno. È un mestiere facile. Uno è il mucchio della "spellatura" di corame, l'altro delle vinaccie lambiccate. Ti curvi e ne fai una mistura come faccio io. Quando ero garzone, andavo matto per le "robbiole" È una ginnastica che sviluppa i muscoli e dà un'agilità a tutto l'essere da renderci contenti. Sta attento. Ne "calchi" un pugno in quella forma di ferro e le vai sopra coi piedi. Poi salta così: zin. zun. zin. zun. La "robbiola" è fatta. Eh? Sbattila là in buca. Zin, zun; zin, zun, come faccio io. Saltabecchi, digerisci e non ti addormenti.
      - Mi vorrebbe favorire quindici centesimi come ieri?
      - Questi sono trentacinque; sommali cogli altri e sarai sicuro che ti ho dato mezzo franco. In casa mia voglio che si mangi. Quand gh'è del fen in cassina, se lavora al doppi e pussée de gust. Va a prenderti la colazione che manderò giù el Buratton a stà attent. Te raccomandi de fa in pressa. Svelt a mangià, svelt a lavorà. Massima veggia che m'ha piccà in del coo el me padron, bon' anima. Quel me n'ha daa de pesciad in del cuu! Pover ommasc!
      Alle quattro il lambicco dava le ultime stille e io avevo fatto centoquarantacinque formelle.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Buratton