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      - Ma che seccada! Se ti dico che puoi andartene.
      Mi ricoricai e malgrado il baccano che facevano tutti assieme nel vestirsi, mi riaddormentai più profondamente di prima. Era ormai un anno che mi alzavo alle quattro anche quando il sole sonnecchiava sotto al cumulo delle nubi, sicchè potevo bene, per una mattina, farmela anch'io col letto. O che forse è un male godersi qualche volta in dodici mesi, ciò che i signori godono trecentosessantacinque volte in un anno? Per essere vero, debbo dire che l'interrogazione mi è scappata dalla penna. In allora avevo altro pel capo che la comparazione! E poi ero troppo stroncato dalla pioggia e dalle fatiche, perchè il mio pensiero potesse sollevarsi nel campo dello domande. Piatto così com'ero, dormii forse un paio d'ore. Quanti sogni in quel secondo sonno! Rifacevo la catastrofe, ascoltavo lo sghignazzamento della folla, vedevo il carretto colle aste al cielo e provavo un bisogno di dare in un grido! Mi pareva di essere lì piegato a raccogliere dei pezzi di vetro.
      - Perchè non sei venuto, cialtrone?
      Lui in persona!
      Cogli occhi imbambolati, perplesso, titubante, non trovo parole. Il principale, colla faccia spaventata, non aspetta del resto la risposta. Col primo manrovescio mi manda un dente labbiale sul gorguzzule.
      - Te la darò io, cane d'un cane.
      Mi stringe le spalle come se volesse schiantarmele, mi agita, mi ripiomba con forza sul giaciglio quasi per unire lo stomaco alla schiena, mi sputa sul naso, mi vien coi ginocchi sulle ginocchia, mi strappa le orecchie, i capelli e non contento ancora, sbuffante di collera, colle pupille illuminate dalla vendetta, mi si precipita sopra colla bocca e mangia una strappata di pelle al collo.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237