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      Infelice! Egli ha lasciato nella cesoia tre quarti di lingua e con essi l'anima della parola. Probabilmente il 73 non parlerà più che come i cani.
     
     
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      Svoltano e vanno via. Ci sentiamo liberi come se ci avessero tolta una pietra dallo stomaco. Andate o ministri di morte, o gente senza pietà, o veste nere che ci terrorizzate. Portate via i vostri arnesi, i vostri ordigni contorti, lunghi affilati, puntuti, aggrovigliati che paiono serpenti. Noi siamo stufi, non vi vogliamo più.
     
     
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      Il medico comune m'ordina "l'ingessatura." Starò seppellito nel gesso per una settimana. Una settimana d'immobilità. Che gusto!
     
     
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      Invece di una settimana mi si tenne ingessato nove giorni. Che noia, angeli del paradiso. Ero Prometeo inchiodato alla rupe. Non avevo di mobile che gli occhi. A qual sagrificio non mi sarei sottoposto per una semplice stiracchiata delle membra! A momenti avrei dato me stesso per un'alzata di braccio o per mettere cinque o sei minuti la gamba sulla costiera del materazzo - proprio sulla riva a farle prendere un po' di fresco. E quando mi pruriginava? Erano battaglioni di formiche che mi percorrevano il corpo colle loro zampine microscopiche - leggere, che mi titillavano fino alla convellatura dello spasimo.
     
     
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      Capisco, fare il servitore a tutti questi accattapani non dev'essere la più bella cosa del mondo. Uno vuole dell'acqua - un altro il medico o il prete - questi chiama - quello piange - Tizio desidera del tabacco da naso - Caio del formaggio di grana - là si ha fame - qua si ha voglia di discendere - altrove si caca e si piscia.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Starò Prometeo