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      Siano rese grazie al Signore.
      Gli ampi finestroni aperti, ci cambiano con qualche sollecitudine l'afa ospedaliera che ci toglieva il respiro e ci provocava il vomito. Me ne faccio una scorpacciata d'aria fresca. Vieni, vieni a ventarmi nelle orecchie - a baciarmi il viso, a buttarmi all'aria i capelli lunghi, i capelli ingarbugliati da tanto tempo. Oh come mi fa bene e come pregusto la soavità di questa frescura, pensando a quell'altra, infetta di droghe medicinali, ti traspirazioni oleose di carname, di escrementi lasciati lungo la notte, fino a giorno strafatto, nei vasi, in compagnia di tutti que' fiati colerosi su, addensati, cercanti invano un'uscita!
     
     
     *

      * *
     
      Abbiamo la strada sottoposta che alla sera è un mercato e alla notte un gran viale selciato in un deserto, percosso a quando a quando da tacchi o baldanzosi o stracchi o monotoni o allegri che si inseguono rapidamente. Ma non ci lamentiamo. Si prova, dopo tanto tempo, un desiderio tale di vita che anche il rumore, che anche la gaiezza altrui, ci fanno piacere. Per un momento, godiamo con loro. Sentite, sentite come sgola la ragazzaglia. La sua voce percote la mia parete come lo scoppio addolcito di un petardo che muore in cantina. Su, cantate giovanotti, date fiato alle canne. Bravi, così, così mi consolate. Più acuto, più acuto quell'a solo. Esso dovrebbe sfondare il cielo. Ma perchè ve ne andate? Io ho paura di quelle colonne lì in piedi come giganti in attesa di buttarcisi sopra.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237