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      Sì, sì, ne ho fino alla gola del tuo precetto: Poveri, patite chè il vostro regno non è in terra. In cielo? Le mie ali sono troppo spiumate perché io mi innalzi a volo fino a casa tua. Preferisco un'anitra allo spiedo alle delizie messianiche. O chi vuole la mia parte di paradiso per un anitra allo spiedo? Giocoliere, illustre ciurmadore, sono caduto nella tua rete, ma la rompo sai. Io mi divincolo dalle tue strette e passo al campo opposto. Ma senti, se è vera la tua onnipotenza perchè mi lasci tu in mano questo mozzicone di penna che ti infama e non stringi le tue maglie invisibili per strozzare la mia baldanza? O essere impalpabile, ov'è l'occhio che vede ovunque, dove sono le tue dita che stringono come i tentacoli, dove è il tuo piede che schiaccia i poli e rovina i mondi? Celebrato mariolo, ecco la tua impotenza. Tu hai usurpato la fama. Io mi levo dal gregge, squadrandoti i pugni serrati. Ma se non esisti, perchè ti hanno innalzato templi ed are e mi ti hanno confuso nel mio sangue, immedesimato nella mia pelle, plasmato col mio corpo, piantato nel mio cuore, insediato nel mio cervello? Oh ma finalmente io ti sradico e ti scaccio o sifilide celeste. Qua, qua del sublimato corrosivo. Io voglio, io voglio guarire. Sì, la fede di mia madre, la fede ereditata, la darei al cane, se valesse un osso o al diavolo se mi potesse dare una fiammata. La do invece alla cisterna. Concimatela e fate un pero per quest'estate. Addio religione che mi hai perseguitato dal giorno che ho abboccato il capezzolo.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Poveri