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      Ballavano come nessuno sa ballare. La fanciulla diviene cosa del ballerino. Essa non ha che movimenti isocroni. Ma questi movimenti, intendiamoci bene, si producono colla stessa spinta, colla stessa rapidità voluta dalla musica scapigliata, colla stessa dondoleggiatura graziosa, in guisa che l'una non affatica l'altra. Il giovine se la fa sua colla destra nella destra, la sinistra intrecciata nella sinistra sulla schiena di lei - quasi punto d'equilibrio - petto contro petto, guancia contro guancia, nel vortice, nella vertigine, piegando, piroettando, zampando spesso come puledri capricciosi. È una danza indefinibile. La si prova, ma non la si scrive. Sono venti, trenta pariglie, portate da una mazurka, da un valtzer, che sgusciano tra le schiene, che corrono, girano, sterzano, rincorrendosi, schivandosi, lambendosi i fianchi, senza strepito, senza urti, senza sgolate paesane. Talvolta qualche coppia prende il largo che percorre a quattro piedi con sveltezza civettuola, s'innalza a spirale e discende giù elegantemente sulle gambe che paiono di gomma, battendo le tre taccate secche, famose - celebrate nelle pagine della loccheria storica. Bisogna aver visto una scottista per aver l'entusiasmo che ho io per questi divertimenti che ahimè! non godrò più. Non sono le solite quattro pedate e le due ripetute colla girandolata sciocca. Essa è il trionfo delle gambe sul ricamo. Le punte di tutti quegli stivaletti effemminati, punteggiano sur uno spazio brevissimo, confondendosi l'una dietro l'altra, senza mai raggiungersi - ora con della ritrosia, ora con delle indolenze da innamorati, ed ora colla febbre, con delle concitazioni, con dei ripicchi, con delle movenze che sono un inno d'amore.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237