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      E quando si contorcono e quando si intrecciano, piantati sull'assito come un fascio di fusti di formentone? Chi, chi saprà degnamente eternarti o scottich, cresciuta sotto ai piedi di tutta quella popolaglia matta, giovine sbrigliata, senza pensieri per domani, senza cura dell'oggi? Chi saprà ridire quante ragazze hanno perduta la frasca ambita dalla gente per bene, nelle tue pieghe flessuose, nei tuoi giri morbidi, nelle tue spire folleggiatrici.
     
     
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      La mia tosa ci andava anch'essa a questi lunedì allegri - tanto pregni di vita e tanto maledetti da madama. Ci andava coll'incoscienza dell'età sua, col trasporto del suo sviluppo precoce, coll'intuizione d'un vero che le germinava, che le pullulava nel cuore, di un vero che vaniva ogni volta che era lì per ghermire. Perduta nel bailamme, vi si ubbriacava, vi si diguazzava e vi si ubbriacava ancora - prostrandone le forze senza attutirne i sensi incandescenti. Ma poi che mi conobbe, i suoi lunedì divennero il mio braccio. Al mio fianco, essa si sentiva divinamente beata. Quel non so che di fanciulla e quella gaiezza naturale in una crestaina, avevano lasciato posto a quell'altro non so che di sentimentale, di pensieroso, di interessante, che piace alle anime innamorate. Il suo occhio sfavillante, vagabondava nella dolcezza azzurra e tutta lei appariva soffusa in un incarnato che avvertiva la donna. Donna a quattordici anni e mezzo - donna senza saperlo - senza averne provati gli orrori e i piaceri, gli spasimi e le frenesie.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237