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      Quel gestire, quel vociare, quel concionare, quell'irrompere sui paesani con tanta foga, produceva una "cassetta" abbondante.
     
     
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      Il mio padrone, malgrado tutto, aveva dei difettacci imperdonabili in una volpe come lui. Tanto più che era proverbiale nel mondo girovago che egli fosse inacchiappabile da tutti i lati. "Prima de faghela al Balin!" Tuttavia, parecchie volte glie l'hanno fatta da lasciargliene la memoria. La sua pazzia, era d'incocciarsi al gioco. In certi momenti, arrischiava bottega e tutto sur una carta o una bilia. Per dirla, era bravo alle carte e alla stecca, ma là, spesso cadeva nelle trame come l'ultimo scolaretto. Se gli riusciva di guadagnare una sommetta discreta, aveva il coraggio di mettersela in tasca e di dire all'avversario: basta. Ma se perdeva, non la finiva più. "Non è la mia giornata oggi. Ho la disdetta. Lo sapevo che non dovevo giocare." Ma non smetteva che morto. In una sola carambolata, nel caffè degli ufficiali a Cremona, vi lasciò l'asino, il carretto e quattrocento o cinquecento lire in tante pezze di fustagno e di cotone bianco e colorato. Ebbene, credete che egli si sia sgomentato? Neanche per sogno. Alla mattina ci frugammo in tutte e quattro le saccoccie per metter insieme venti o ventidue soldi e ci guardammo in faccia. Io taceva. Lui, il piccolo Napoleone, scricchiolò le dita e battè il piede. - va! Mi mandò a comperare della farina di semola, dell'olio di linosa e del "nero di Roma." Che se ne fa di questa roba? gli domandai.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





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