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      Anche qui i nostri signori assassini si sono serviti di un coltello dal manico di osso bianco, con lama a punta acuminata, lunga diciannove centimetri. Si dica quel che si vuole, ma ci vuole del fegato a precipitarsi su un passeggiero e ammazzarlo con un colpo che non lo lasci rialzare a difendersi.
      Tiriamo innanzi. Quale ha potuto essere il movente del delitto? Gli assassini del signor Grandmorin hanno voluto punire con un colpo mortale la concupiscenza del vecchio che aveva delibata la futura moglie del sottocapo stazione Roubaud. Questi di Notarbartolo non potevano avere gli stessi motivi, poiché l'ex direttore del Banco di Sicilia era conosciuto per un uomo laborioso, devoto alla moglie, affezionato ai figli. Qualche volta, è vero, anche i modelli della virtù e della rettitudine ci vengono rivelati dagli accidenti per dei libertini o degli scostumati che passano da una donna all'altra. Ma il nostro caso è diverso. Qui abbiamo le prove della sua temperanza, del suo amore per la famiglia e della sua attività negli affari e nella cosa pubblica. Possiamo dunque escludere la vendetta femminile compiuta per mandato. Messo da una parte l'amore ci troviamo dinanzi l'interrogazione interesse. Ma anche qui mi ci perdo. Perché il procuratore generale di Palermo dice che era noto a tutti che il commendatore Notarbartolo non andava in giro con somme rilevanti. Si aggiunge che egli aveva per massima che i denari mettono in pericolo la vita del possessore. Ma perché aveva 400 lire nel portafogli?


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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