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      Perché il suo mezzadro, Salvatore Randazzo, gli consegnò qualche biglietto da cento che doveva portare al barone di Valdibella, cognato di Notarbartolo. Io entro nel buio delle ipotesi. È mai possibile che gli assassini, i quali, tra parentesi, dovevano conoscere molto bene la loro vittima, abbiano voluto buscarsi la galera a vita per una manata di biglietti di piccolo taglio? Non è possibile. E allora perché lo hanno svaligiato, strappandogli perfino la catena dal panciotto? No no, non si ammazza un uomo eminente come Notarbartolo, armato di carabina a retrocarica, con la cartucciera intorno al ventre senza gravi motivi. Quali? Più vado avanti e più il buio infittisce. E chi ha mai potuto comunicare l'ora e il treno nel quale sarebbe passato il commendatore? Il suo cameriere Gioacchino Campisi no, perché è un vecchio cresciuto in casa che ha versato tutte le lacrime dei suoi occhi sulla perdita del padrone. Il curatolo del fondo di Mendolilla no, perché era un uomo fidato al quale il padrone voleva un gran bene. Tutte le volte che Notarbartolo discendeva alla stazione di Causo gli metteva una mano sulla spalla in segno di confidenza, gli domandava come stava, saltava sulla cavalcatura e si avviavano verso il tenimento chiacchierando familiarmente di cose di campagna.
      Il punto nero è il bottaio Antonio Piazza, andato con lui a travasare il vino e a empirne quattro barilotti per la famiglia del commendatore a Palermo. Era egli abituato ad accompagnarlo a Mendolilla? Il procuratore generale risponde affermativamente.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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