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      Non è gente da lasciarsi sgomentare, perché il treno passa dalle tenebre alla luce. Il mio dubbio è di un'altra natura. Voi lo avete veduto. Il coltello è stato trovato vicino al casello numero trentadue, cioè un po' prima di arrivare alla stazione di Trabia. La lama è lunga diciannove centimetri e larga ventitre millimetri. Come è che è stata trovata coperta di uno strato di materia rossa e secca, dalla punta alla base? Lo hanno sprofondato nel corpo di Notarbartolo fino al manico? La perizia medica non ha trovato ferite proporzionate alla lunghezza della lama del trinciante e l'analisi chimica non ci ha saputo dire se il sangue del coltello sia sangue umano. Essa tende piuttosto a credere al no che al sì. Ecco il mio dubbio. Perché gli assassini avrebbero buttato via il trinciante e non il pugnale? Ripeto che la paura non può essere stata la determinante. Paura, assassini che si portano via, come trofei del misfatto, la carabina, la cartucciera e il cappello - notate, il cappello! - dcll'assassinato!
      Il cappello! Probabilmente è la nostra fortuna. Guai agli assassini che si affezionano a qualche cosa delle loro vittime. Un giorno o l'altro si vedono ghermiti. Il copricapo di Notarbartolo diventerà il mio sogno. Non starò quieto che quando lo avrò nelle mani. Chi era il cappellaio del commendatore? Lo domanderò alla famiglia non appena a Palermo
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      Siamo sempre nel vago. È sempre la nostra mente che lavora. Ma perché gli assassini si sono portati via oggetti così pericolosi come un fucile?


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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