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      Non si diceva, e non è molto, che io ho avvelenato un mio amico intimo, un magistrato che mi ha reso tanti servigi, il marito di una signora che stimo più di me stesso? Va là, caricami di tutti i delitti. Non si diventa grandi che a questo prezzo. Te ne vai? Me ne duole. È andata. Meglio così. Non si diventa grandi che a questo prezzo".
      ALLA RICERCA DI UN METODO
     
      ERA già tardi. Tutta la casa dormiva. Lui solo vegliava e studiava. Da parecchie settimane egli non si coricava che verso l'alba. Cercava, leggeva, divorava un volume dopo l'altro senza giungere mai alla soluzione del pensiero che rimuginava e lo prostrava. Tutti i romanzieri gli si rivelavano di un'immaginazione puerile. I delitti dei loro personaggi finivano, novantanove volte su cento, nelle mani dei poliziotti scaltri. Di tanto in tanto gli capitava qualcuno che sapeva ordire la trama con una abilità straordinaria, senza però rinunciare ai mezzi volgari che chiamano gente e sollevano il vespaio nel quartiere della tragedia. Egli voleva un metodo meno antidiluviano, più scientifico, senza colpi di scena spettacolosi, senza pagine che sciolgano il dramma col chiasso delle descrizioni sensazionali. Nell'epoca della luce elettrica ci doveva essere qualcosa di meno stantio. La folla degli scrittori era rimasta al veleno, come la signora Lafarge dei processi celebri. Un metodo primitivo che ti lascia sulla sedia o in letto il cadavere per l'analisi e magari per il chimico che te n'ha venduta la dose. Gli avvelenatori di quest'ultimi anni erano stati tutti presi per il colletto come tanti ragazzi.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





Lafarge