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      Pasquale si versava il cucchiaino pieno sulla barba sucida. Cottone continuava a versarsi dei liquori di qualunque bottiglia gli capitava in mano, senza smettere neanche quando la chicchera era vuota di caffè. Pitaressi Antonino era lavorato dai singulti strepitosi che lasciavano credere a una eruzione immediata.
      Me ne vado
      , disse l'onorevole.
      Non è colpa mia
      , gli disse Filippella.
      Chi ti dice qualche cosa? Me ne dispiace per voialtri. Ma vi compenserò con un pranzo a casa mia. Uno di questi giorni voi due, Filippella e Fontana, verrete da me e passeremo un'ora lieta. Ero venuto per conversare sulle elezioni e sui bisogni amministrativi, ma vedo che non è il momento. Ne parleremo noialtri a casa mia
      .
      Cerrito gli fece abbandonare il posto olezzante di fiori prima del tempo. Egli non seppe trattenere l'impeto dello stomaco e la tavola divenne il suo troguolo. Tutta la tovaglia ne fu inondata. Fu come s'egli avesse dato la stura al collo dello stomaco. Il rutto di Cerrito faceva ruttare e vomitare tutti gli altri. Onia, Cottone, Licata, Gambino e Alfonso Domenico rovesciavano l'esuberanza di quello che avevano mangiato e bevuto sul tavolo, in terra, sugli abiti, sulle sedie, sulle panche, dappertutto, e dappertutto si elevavano tanfate che facevano chiudere il naso e la bocca a Luraschi che pensava di scappare senza la sua giornata. Jaddetto e Pitarresi fecero per ritirarsi dalla scena disgustosa che li incitava a imitare i compagni, ma le loro gambe piegavano su sé stesse. L'uno e l'altro cercavano di reggersi in piedi con degli sforzi di equilibrio; ma l'uno e l'altro caddero nella poltiglia rossastra e vi rimasero, come affondati in un letto tepido.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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