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      Il Bardessone gli ha concesso quello che desiderava e Palizzolo ha abbandonato i suoi fratelli
      .
      Dieci maggio. Mi ricordo dei tumulti dell'anno scorso e delle condanne dei tribunali militari con dei brividi. Ci vuole del fegato a cambiare il codice a tutto un popolo, con un semplice telegramma. Con un telegramma il di Rudinì siciliano ha mandato a spasso i giudici ordinari e ha messo al loro posto dei monturati che non conoscono che la vita della caserma. E dire che questo cretino non è ancora stato lapidato!
      La disciplina militare non permette agli ufficiali di avere la nostra impazienza tutte le volte che ci troviamo in mezzo agli avvenimenti. Ma mi piacerebbe che qualcuno di loro che si è trovato di servizio durante i tumulti buttasse via le spalline e scrivesse quello che ha veduto. Il pubblico lo applaudirebbe a due mani.
     
      Quindici maggio. Ho fatto una scappata a Milano e tra gli altri sono andato a trovare l'avvocato Alfredo Cervis, il quale era ispettore di pubblica sicurezza in Palermo, ai tempi dell'assassinio di Miceli. Il Cervis è bassetto, piuttosto in carne, con un braccio di ferro che piega il malandrino non appena lo ha nelle mani. Nei suoi occhi è la sua vita interiore. In certi momenti sono inondati della dolcezza del bonaccione, e in certi altri tralucono e rivelano l'uragano che si scatena in lui.
      Buon giorno, mi disse
      .
      Scusi se la disturbo
      .
      Si figuri
      .
      Ella è stato in Sicilia
      .
      Sissignore, vi andai nel 1891
      .
      A Palermo, suppongo
      .
      A Palermo dove vi era prefetto il Colucci.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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