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      Ogni badilata di terra che andava sulla cassa ci andava sul cuore come uno di quei rintocchi che ingrossano l'angoscia e inumidiscono le ciglia. Colmata la fossa nessuno si muoveva. La moltitudine era come stroncata dal cordoglio per il cordoglio. Ci volle una voce per farla rinsenare. Ended, all'is ended! Finito, tutto è finito!
      La gente pareva si risvegliasse da un sogno. Per alcuni minuti non fu viva che per un'afflizione intensa.
      Ma se ci fosse stato un oratore? L'oratore commemori altrove, dica tutto quello che vuole in un salone, ma lasci i dolenti a sé stessi.
     
      COMMIATO
     
      SE ho finito? Non ho un ette da aggiungere. Io saluto i lettori che mi hanno accompagnato fino a questo punto come si salutano i compagni di un lungo viaggio. Siamo partiti senza conoscerci, abbiamo attraversato insieme un ambiente ingrato, un ambiente purulento, un ambiente sanguinoso, incoraggiandoci gli uni gli altri dove le pozze rosse erano più larghe, dove il delitto era più spaventevole, dove l'omertà era più testarda, dove la cosa era più violenta e assassina, e adesso, alle porte del processo, ci salutiamo direi quasi commossi. Se ho dei rimorsi? Due, o signori. Due, implacabili, atroci che mi inseguono, che mi perseguitano, che mi dànno l'incubo notturno, che mi tormentano anche quando sono nelle braccia di lei, della mia Laura che vi ho presentato, che mi terrorizzano sovente come due fantasmi. Il primo è tutto letterario. È il rimorso di non avere avuto tempo di fucinare la frase per ambientarla e renderla molle, flessuosa, morbida nelle pagine delle carezze, energica, brutale, virulenta nel capitolo sdegnoso o corruscata dall'odio collettivo, brunita, tersa, musicale nella narrazione tranquilla e oggettiva.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





Laura