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      Egli accusò il fratello di debolezza e con un pugno al tavolo finì per giurare ch'egli avrebbe preferito la morte che rinunciare al diritto di scegliere i ministri della corona.
      - Tu mi dài pessimi consigli, gridò al fratello. Tu vuoi indebolire la mia autorità - tu lo fai apposta.
      E gli volse il dorso. La seduta fu sciolta. Fra i due fratelli nacque un'inimicizia senza tregua. Lo Czar aveva sospettato dietro il granduca un complotto per truffargli il trono. Michele Alessandrovic ebbe delle crisi che lo tennero in letto alcuni giorni. Egli protestava. Diceva che non si sarebbe mai incoronato. La malattia costante di Alexis, czarevic, sempre ammalato poteva lasciare credere alle supposizioni. Ma egli era pronto a sottoscrivere la rinuncia. Non voleva troni. Gli bastavano le tribolazioni del fratello. Pregava i granduchi di andare a convincere l'imperatore. Per non lasciare più dubbi lasciò il letto e andò a sposare una divorziata che fu di un luogotenente di cavalleria. Il matrimonio con una borghese lo squalificava, lo metteva al bando degli aspiranti. Allora Michele ridivenne il suo "caro Michelino", ma non cessò di farlo filare.
     
      Rasputin.
     
      Io sfondo delle porte aperte. Il porcone è di tutti. Tutti ne hanno parlato, tutti si sono impadroniti della sua turpe esistenza, dal giorno della sua nascita al giorno della sua morte. Rasputin è stato biografato da una specie di diarista che ne registrava i pensieri, le voluttà peccaminose, le confessioni, le parole memorabili. Durante l'impero, l'ex-religioso Eliodoro aveva condensato alla chetichella gli episodi più chiassosi della vita di Grigori Rasputin - l'ultimo "santo" dell'ultimo Romanov.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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