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      Il cadavere divenne proprietà di un generale che doveva curarne le esequie per conto della amasia imperiale. Nell'intervallo, tra l'ospedale e la sepoltura, una donnaccia lo trasse dalla tela e pagò cento rubli all'agente perchè la aiutasse e tutti e due lo vestirono con un paio di calzoni di velluto nero e una bluse ricamata in argento. Le autorità avevano già ricevuto l'ordine di trasportare la salma del "santo" a Zarkoie-Selo. Il convoglio vi giungeva a sera. Non c'erano lumi. Il colonnello Leman, vice-comandante di palazzo, lo aspettava. Saltò nell'automobile e fece da guida attraverso la foresta. Si fermarono tutti sull'area dove doveva costruirsi una cappella. Cinque agenti lo scaricarono e lo adagiarono in una cassa e lo rovesciarono nella fossa. Terminata la funzione il colonnello distribuì 200 rubli ciascuno, con l'ingiunzione di tacere di quello che avevano veduto.
      La Corte sviava l'opinione pubblica facendo spargere la voce che fosse stato sepolto altrove. La Czarina voleva che il cadavere fosse tutto suo. Ella vi andava sovente. Vi aveva messo dei guardiani che facevano tornare indietro i curiosi. Una sera è stata veduta in una slitta con sua figlia Olga. Ne uscirono e vi si prostrarono. L'imperatrice il 27 febbraio 1917 gli aveva dedicato una cappella che doveva sorgere.
      La truppa di Zarkoie-Selo si era confusa col popolo in rivoluzione. Dai soldati si è saputo subito che alle esequie di Rasputin avevano preso parte l'imperatrice con tutte le sue figlie, un generale e la sua compagna Vyrubov.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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