Pagina (34/125)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La Russia non ha impiegato a vuotare il trono che tre giorni. Il fratello Michele non ha accettato. Sfido! Sui palazzi pubblici sventolava la bandiera rossa. Per le vie si udivano le grida di "basta di monarchia. Abbasso i Romanov". Il marxismo penetrava; faceva sentire che la rivoluzione non era rivoluzione borghese. Gli operai dei grandi Stabilimenti erano per le vie col grido vecchio del pane! Grido che avrebbe dovuto essere migliorato. Del pane ne avevano mangiato abbastanza. I granduchi, i primi leticoni del regno, avevano preso il largo. Non erano che gozzovigliatori che rincasavano ubbriachi fradici. Gente odiosa. Gente che si odiava, che si temeva, che si accusava, che si pedinava, che si stracciava la riputazione imperiale come un mucchio di facchini.
      Di ora in ora i treni si vuotavano di soldati che erano stufi dei tre anni di guerra. In mezzo alle folle che circolavano si udivano sovente delle scariche.
     
      Kerenski.
     
      L'impero era in pezzi. La massa dell'autoritą czaristica che aveva terrorizzato per pił di tre secoli centinaia di milioni d'uomini era nella cloaca degli orrori imperiali. Lo Czar circolava come un nome vituperevole. Il Governo provvisorio era in piedi meravigliato di se stesso, stupefatto della sua potenza. Tutti l'acclamavano. Pietrogrado aveva ancora dei dubbi sulla propria liberazione. La gente era scettica, incredula sull'abdicazione del tiranno. Kerenski, avvocato di 36 anni, capo del gruppo travaglista alla Duma, con un passato pieno di propaganda ai minatori, ai lavoratori della terra, alla popolazione delle fabbriche e delle officine, passava dappertutto come una rivoluzione in cammino.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





Russia Michele Romanov Stabilimenti Czar Governo Duma