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      Gli ufficiali della disciplina e per la guerra cadevano fulminati come nemici. I generali fuggivano o rimanevano sulla strada. Si disertava. A Tzaritzine, a Tambof, a Odessa, a Mosca i fantaccini rifiutavano di partire per il fronte a ricaricare i fucili.
      Kerenski aveva scritto un prikase per la cessazione dello scambio fra soldati russi e soldati tedeschi. E i soldati continuavano a scambiarsi il pane, lo zucchero, il vino, il sapone, la vodka. Prima di lasciare la Russia, Kerenski, ha dovuto bere il suo calice fino al limaccio. Dopo uno dei suoi discorsi elettrizzanti della sua eloquenza, un soldato č uscito dai ranghi per dire al Ministro che egli non voleva la guerra.
      - Io non voglio pių combattere, signor Kerenski. Il soldato aveva in mano la pubblicazione intitolata la dichiarazione del diritto del soldato.
      Cosė gli č capitato al fronte del nord. Il Ministro della Guerra aveva finito uno dei suoi gloriosi discorsi, sfavillanti di scintille. Uno dei soldati usciva a ripetere la dichiarazione di quell'altro. Kerenski č diventato smorto e ha chiamato il colonnello perchč gli mandasse il ribelle per svergognarlo in faccia a tutti come un cialtrone indegno di difendere il territorio russo. Il soldato perdette i sensi. Tutti gli altri che avevano sentito il disonore del collega si votavano alla patria. Fu un vero trionfo orale. A Kerenski sono venute le lagrime agli occhi. Poco dopo gli ufficiali confidarono a un corrispondente che la scena che egli aveva veduta non era stata che un fuoco di paglia.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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