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      Neppure uno ha voluto sprecare la propria vita per la vittoria degli alleati....
      Più tardi ha dovuto impallidire. Il generale Denikine che ritornava dal fronte gli ha letto una descrizione che valeva per tutte le unità militari. Dieci milioni d'uomini si erano quasi tutti rifiutati di battersi. L'istinto animale della conservazione gli aveva rivelato lo stato latente della decomposizione. Più di dieci Divisioni avevano gettate le armi in blocco. I capi di tutti i gradi, i Comitati, gli oratori, gli agitatori per rialzare il morale degli attori della guerra erano discesi fino alle supplicazioni, fino alla implorazione, fino alla esortazione senza riuscire a nulla. Si perdette un mese. Il secondo Corpo caucasico e la 167a Divisione erano in una condizione deplorevole. Molte unità avevano perduto l'aspetto umano. Non dimenticherò mai, diceva, le ore passate al reggimento 170° e alla 173a Divisione. Certi reggimenti, udite!, si erano costruite otto e perfino dieci distillerie. Non si occupavano più che di bere. Giocavano, rissavano, rapinavano e qualche volta si ammazzavano. I creduti migliori o tornavano indietro o prendevano la decisione irrevocabile di non battersi. Il generalissimo accusava i capi. Aveva torto. Partito lui, i soldati riprendevano la parola ed esortavano i camerati a non ascoltare il "vecchio borghese".
      La parabola kerenskiana fu breve. In pochi mesi egli ha cambiato tre portafogli. Ministro di giustizia, Ministro di guerra, presidente dei Ministri. Le sue giornate più dolorose che hanno inaffiato di sangue umano il suo stato di servizio nel Governo provvisorio furono nel luglio del 1917. Egli ha fatto tirare su i "criminali", cioè sui propagandisti internazionali.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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