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      L'uomo che aveva mangiato tutto se stesso in un Governo provvisorio era giunto coi piedi sull'orlo dell'abisso leniniano. Le masse stavano per rovesciarvelo.
     
      La famiglia imperiale a Tobolsk.
      La disperazione dei Soviets.
     
      Kerenski non fu giusto. Vissuto in una Duma di "gentiluomini" non č stato all'altezza del cōmpito nč come Ministro di giustizia, nč come Ministro di guerra. Nell'Assemblea dei montagnardi francesi non gli sarebbe rimasta la testa sulle spalle. Egli non ha saputo disfarsi dell'antico regime. Non ha dato soddisfazione al popolo che lui chiamava "plebe". I suoi atti e il suo linguaggio non facevano che offendere la opinione pubblica. Non c'č lettore straniero che non sappia dell'odio russo per la polizia russa che massacrava per conto della autocrazia. Gli arnesi del delitto - coloro che gettavano tutta una popolazione in crisi di sangue e di spavento - dovevano essere eliminati, fugati, buttati nei fiumi. Le provincie erano tutte piene delle loro vittime. Fino agli sgoccioli della vita imperiale si sapeva che il Ministro dell'Interno non era che un capo di polizia non meno aggressivo di Plehwe - assolutista feroce e astuto, giacobino dell'aristocrazia che gli intellettuali hanno dovuto sopprimere facendolo saltare in aria con la vettura e il portafoglio che conteneva i progetti per distruggere mezza umanitā e fare della Siberia un grande deposito di malcontenti. In rivoluzione si agisce. Un uomo come Protopopof - l'ultimo Ministro degli Interni dell'antico regime, non doveva sopravvivere al suo arresto due minuti, il tempo per un interrogatorio sommario.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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