Pagina (59/125)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Kerenski sentiva il mormorio, ma restava sempre della sua opinione. Come ha fatto per la salvezza dell'imperatore, ha fatto per i membri dell'ultimo governo czarista. La gente urlava per la sua testa e lui taceva e ignorava.
      Lo Czar era a Tolbosk. E i suoi collaboratori erano nelle celle di Pietro e Paolo. Che cosa vi facevano? Nessuno lo sapeva. Kerenski si illudeva. Credeva all'oblio del pubblico. Invece il popolo a gruppi girava intorno alla bastiglia e si piegava come per origliare e sapere se le verghe dell'antico regime servivano anche per le carni dei castigatori del passato impero. C'era sete del loro sangue. Avevano martirizzata la Russia. Buttato nella disperazione migliaia di famiglie e dovevano perire. Avevano tolto agli ebrei perfino il diritto di morire. Frustati, buttati dalle finestre, massacrati dalle organizzazioni poliziesche. Gli ex carnefici che avevano fatto discendere nel sepolcro protetto dalle alte muraglie i migliori del pensiero russo, dovevano morire in pubblico come i malviventi della Corte di Luigi XVI.
      Il colpevole era dunque Kerenski. I sostenitori del despotismo erano stati messi tutti assieme, l'uno nella cella accanto all'altro, perchè potessero comunicarsi e tramare un'altra volta una strage dei rivoluzionari. Si citavano i nomi. C'erano Sankhomlinof, il concussionario e il protettore di Miassoiedof, massacratore; Schuturmer, il traditore, l'autore dello schiacciamento della Rumania; Protopopof, il genio del male dell'ultima fine del regno di Nicola, l'atroce individuo che aveva ricevuto 350 mila rubli per lo sterminio del proletariato.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





Czar Tolbosk Pietro Paolo Russia Corte Luigi XVI Kerenski Sankhomlinof Miassoiedof Schuturmer Rumania Protopopof Nicola