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      Poi venivano due donne, due rifiuti umani, due megere, due cortigiane scese al livello delle bestie: la Vyrubov, l'amante equivoca di Rasputin e la triste consigliera di Alessandra Feodorovna e Caterina Soukhomlinof, mercantessa di influenza. E poi altri. Ma non molti. Kerenski non ha saputo o non ha voluto mettere le mani su tutti gli omicidiarii dell'impero. Il solo pesce grosso che non sia sfuggito alle maglie rivoluzionarie fu l'ufficiale della gendarmeria Sobiéchtchansky, il carnefice di Pietro e Paolo, colui che bastonava e torturava con le cinghie sulla faccia, con i ferri ai polsi e alle gambe e con tutte le punizioni corporali i prigionieri politici. Con lui i prigionieri di Pietro e Paolo non potevano coricarsi che gridando ogni sera: Dio protegga lo Czar! Il cane infliggeva tutti i supplizi!
      Per la parte topografica la famosa fortezza Pietro e Paolo è una massa granitica alta, in faccia al Palazzo d'Inverno, sede della Corte Imperiale, dal quale ogni mattina il monarca sapeva che i suoi nemici infernali soffrivano le pene dell'inferno. Il sinistro edificio è piantato su un isolotto della Neva come un simbolo dell'autocrazia. I prigionieri dal fondo delle celle contavano le ore e le mezz'ore della campana dell'orologio della cattedrale, dove sono i sepolcri delle tigri della famiglia Romanov, e si ripercuotevano nella testa dei sepolti vivi. Si penetra nella fortezza per un ponte levatoio, si gira l'alta muraglia il visitatore si trova a faccia a faccia con un'altra muraglia nel mezzo della quale è una porta di ferro massiccia, che si apre con una grossa chiave e si richiude automaticamente confondendosi internamente con la muraglia.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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