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      In rivoluzione non hanno saputo acconciarvisi. Dicevano il contrario di quello che avveniva. Coniugavano un verbo per un altro. Requisire diveniva sotto la loro penna "rubare", dividere o sequestrare, appropriare, truffare e simili. Tutti i giorni fomentavano il disgusto per il cambiamento della forma governativa o sociale. Che fare per vivere in pace con le teorie della libertà dì stampa? Lenine o Trotski ha incominciato con la persuasione. Poi si è provato con le multe. Poi li ha sospesi a tempo. Poi li ha fatti scomparire completamente con una razzia generale. Giornali che a poco a poco andavano all'assassinio dalla Repubblica sociale non potevano subire nelle ore rivoluzionarie che la pena di morte. Il vilipendio personale, passi. Ma l'urlo al furto tutte le volte che i Soviets s'impadroniscono di una banca, è mettersi nel girone dei massacrabili. Il governo di Lenine e di Trotski ha dovuto violentare se stesso e fare il mestiere boiaccia di Alessandro III, mandando i giornali della controrivoluzione nei loro ambienti naturali. Si è fatto così anche durante la grande rivoluzione francese. Il direttore del Père Duchesne, che andava in collera in un ambiente giacobino per suscitare il leninismo di quel tempo, ha subito la ghigliottina. Pare che nei periodi insurrezionali la libertà di stampa non possa acclimatarsi. Nessuno capisce che la libertà di stampa in tempi come questi, deve circolare nell'ambiente socialista e non nell'ambiente capitalista o borghese. La esperienza è questa.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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