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      Egli lo paragonava su per giù a una specie di Azev. Egli era Kerenskiano. Non tollerava altri. È naturale che venisse agguantato per il collo e precipitato in una prigione. La vecchiaia non dà diritto alla calunnia. I biasimatori di Kerenski per avere dato il permesso a Lenine e a Trotski di rimpatriare sono molti e in aumento. Essi vedono nella concessione il disastro del governo provvisorio. Baie! Sono i soliti rimpianti. Una nazione non è una famiglia o una casa privata. Per il passaggio da una frontiera non deve essere necessario la strada piantonata di doganieri. Non è necessario la vidimazione del passaporto. Lenine incarnava il movimento. Il tempo della rivoluzione politica era finito. Doveva venire necessariamente quella sociale, quella che esclude le due camere parlamentari per una federazione di Soviets.
      C'è gente che crede i bolscevichi razzapaglia uscita dalle rattaie - scusatemi il neologismo - sociali. No, no, essi non pescano nelle acque torbide. Hanno tutti un passato. Lenine è uscito dai nidi della nobilità ereditaria. Sono tutti o quasi universitarii e tutti sono trilingue, quadrilingue. Taluni ne parlano e ne scrivono cinque o sei. Hanno tutti veduto il sole a scacchi. Molti sono stati in Siberia. Molti subirono più volte le Bastiglie.
      Il vero nome di Lenine è Vladimiro Llitch Oulianov. È nato il 18 aprile 1870. Suo padre era direttore di scuole a Simbirsk e fu consigliere di Stato. Cresciuto, studiò legge all'Università di Kazan. Durante la vita studentesca flanellava e concionava nei caffè come Gambetta.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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