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      Vi si è sottratto con la fuga. Nel 1905, dopo l'esordio rivoluzionario, ha rimpiazzato un compagno come presidente di un Soviet di Pietrogrado. Un anno dopo egli perde i diritti civili e lo si trasloca per ordine amministrativo in un'altra provincia per scappare di nuovo sul continente. Tra Vienna e Parigi scoppia la guerra. Per la sua propaganda di pacifista, la Francia lo ha messo alla frontiera. Egli sbarca in America. È internato nel Canadà. Con un piroscafo della Star Line giunge a Southampton e poco dopo è in Londra - il grande caravanserraglio umano - dal quale fugge per trovarsi con Lenine e introdursi nella rivoluzione russa.
      Lenine è lento e pesante. Trotski è svelto e aitante. Occhi fosforescenti. Naso dalle nari boscose su una bocca larga e sensuale, con una barbetta mefistofelica sotto una faccia rasatissima. Testa magnifica e capelluta. Attività varia. Intelligentissimo. Sa cambiare di rôle in un attimo. Lo abbiamo visto fra i lupi della diplomazia a negoziare la pace per la Russia rivoluzionaria. Fu uno dei più tenaci durante le violenze del carnefice tedesco, il quale voleva recidere la testa alla rivoluzione bolscevica. In quell'intervallo egli ha annunciato al popolo russo che sperava di vedere il gallo rosso cantare il trionfo della rivoluzione francese sulle rovine della Borsa di Parigi. Oratore d'ingegno. Lottare, diceva, serrare le fila, creare disciplina operaia e ordine socialista, aumentare la produttività del lavoro e non isgomentarsi davanti a nessun ostacolo: questa è la nostra parola d'ordine.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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