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      - No, non voglio marinai. C'è qui Dybenko?
      - Non so chi sia.
      - Il mio nemico.
      - Bene, che farci? Ella giuoca una grande carta e deve avere anche del fegato.
      - Sì, ma io voglio partire di notte.
      - Perchè? Sarebbe una fuga. Vada via in pieno giorno, e farà vedere che lei non scappa.
      - Va bene, mi dia una scorta sicura.
      - Benissimo.
      Me ne andai, feci venire il cosacco Russkoff, del decimo reggimento cosacchi del Don, e gli ordinai di scegliere otto cosacchi per la scorta del capo supremo dell'esercito.
      Un'ora e mezzo dopo vennero i cosacchi e annunciarono che Kerenski non c'era. Egli era fuggito. Feci dare l'allarme e ordinai di cercarlo. Credo che non abbia abbandonato Gacina e che si tenga nascosto in qualche luogo.
      Il Comandante del III Corpo
      Maggiore Generale KRASNOF.
     
      I borghesi e la classe al disopra della borghesia hanno gli occhi di ingrandimento. Non vedono che i loro strazi, che liste di proscrizioni, che ostaggi, che invasioni nei loro palazzi, che divisioni dei loro possedimenti, che vittime del bolscevismo. Un ufficiale che venda i giornali per la strada, è per loro un documento di crudeltà rivoluzionaria. Il giorno in cui le banche sono state bolscevichizzate, cioè sottratte all'antico regime per passarle sotto la direzione dei Commissari incaricati dal Soviet, non ci furono più che sostantivi di deplorazione disperata. Tutti gli epiteti cloacali sono stati per Lenine e Trotskii. Se li avessero potuti lardellare a colpi di baionetta non avrebbero esitato. C'era in giro il furore borghese.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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