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      Chiamato in rivoluzione borghese da Kerenski non ha potuto o saputo piegarsi alla rivoluzione proletaria. Egli si è trovato disambientato, incapace con la sua rigidezza di piegare alle idee che hanno trionfato. I Soviets sono stati obbligati a disarmarlo perchè la sua penna non fornicasse cogli alleati del patto di Londra. I bolscevichi non si aspettavano il grande rivoluzionario con la prosa degli antagonisti o dei versagliesi russi.
      Due rivoluzioni, l'una patriottica e l'altra proletaria, non passano senza fare storia.
      Tanto la rivoluzione di Kerenski, quanto quella di Lenin non hanno trionfato senza spargimento di sangue, senza arresti, senza esecuzioni marziali, senza scambi di pugnalate e revolverate. Tre mesi dopo dalla prima rivoluzione non ci furono nè disordini nè misfatti, nè delitti. Lo ha detto Vandervelde, ministro belga. Ma lui ha esagerato, come esagerano i quotidiani della menzogna. Quello che c'è stato c'è stato. Nei momenti iniziali si può trovare un cadavere allungato sul marciapiede come si può vedere un edificio in fiamme. Sono episodi di tutti i giorni e di tutte le rivoluzioni. I castelli baronali inglesi venivano incendiati. Da chi? Dalla rivoluzione che divorava il feudalismo. Non meravigliamoci. Un fatterello dà il la a tutta una classe. Si ordina la fermata dei trams. In rivoluzione il cervello è incandescente. La resistenza ne fa scaraventare uno nella Neva. In una officina si sono trovati tre cadaveri di operai che non avevano voluto incrociare le braccia in fretta.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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