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      Il bolscevismo non ha esitato, dopo tre mesi di regno, ad abolire l'eredità a beneficio della nazione.
      L'eredità è divenuta nazionale. Era indecente che gli eredi vivessero alle spalle di chi aveva lavorato, sgobbato, risparmiato, fatto l'aguzzino, magari, per mettere da parte. L'immoralità scandalosa è finita, Chi ha, non ha più per erede che la Repubblica dei Soviets. E per evitare che il Governo sovietista sia truffato con la consegna dei tesori a mano, sono proibiti i doni, tra i vivi del testatore, di un valore superiore a 10.000 rubli.
      La proprietà fondiaria ha pure perduto la sua fisonomia autocratica con questo semplice articolo: "I diritti sulla grande proprietà fondiaria sono annullati e senza riscatto. Tutto è passato alla fusione. Le terre degli appannaggi, dei monasteri, delle chiese con tutto il bestiame e il materiale agricolo sono amministrati dai Comitati agrarii cantonali del Soviet del distretto fino all'assemblea costituente".
      L'individuo, in bolscevismo, non è un valore sociale che quando è coi suoi simili. Il berretto frigio, individualizzava. Il bolscevismo collettivizza. Gli avvocati separati non sono più niente. L'antico Foro è morto. Non esistono che i Collegi defensionali raccomandati dai Soviets. Così è della stampa. Ne abbiamo già parlato. La libertà di stampa esiste. Ma essa deve movimentarsi nei quadri socialisti e non in quelli della società capitalista o borghese. Ecco l'ideale di Lenine. E Trotski ha detto:
      Saranno sospesi gli organi della stampa:


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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