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      Molti testimoni, molte dichiarazioni collettive. Egli era un morto che camminava, un uomo che doveva perire, che doveva uscire dal partito conservatore che aveva assassinato il Sonzogno e voleva salvare il cav. Emilio Treves. La vendetta di Enrico Montazio, condannato come scroccone più di una volta ed ex redattore di quella Gazzetta d'Italia che aveva vilipeso le glorie più pure d'Italia, del Montazio che aveva venduto le lettere di Sonzogno ai moderati milanesi a peso d'oro doveva esser scontata con la testa di chi aveva nutrito i giornali austriaci del proprio entusiasmo pel terrorismo austriaco. Felice Cavallotti è stato il più inesorabile. Egli ha detto in grassetto che nessuno poteva avere questioni d'onore con Treves. Egli e tutti i "perduti" potevano darsi il lusso di mettere tutte le sere sotto i piedi le ingiurie degli avanzi imperiali e delle regie livree, lordi ancora del fango e della bava in cui si arrotolavano ai piedi dell'austriaco". Egli aggiungeva che la livrea dell'austriaco non poteva essere - in nessun caso - la divisa di nessun partito. L'Austria era della peste antinazionale. L'imperatore non aveva sottomesso l'Ungheria e l'Italia che con le forche.
      Non si capirà mai la lotta cavallottiana se non risalendo ai suoi primi anni professionali. Era fin d'allora un epuratore. Non voleva che il giornalismo fosse un asilo o un rifugio agli uomini di fama pregiudicata - agli individui che avevano pecche da farsi perdonare o bassi livori a cui dar sfogo o agl'industriali che trattassero la professione come una pura e semplice speculazione o come un mezzo per vendere la propria opinione al miglior offerente.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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